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Channel: Goldoni – QuiLivorno.it
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Il maestro Rustioni ha incontrato gli studenti

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Nella sala Mascagni del Teatro Goldoni di Livorno, proprio accanto al pianoforte su cui Pietro Mascagni compose il suo capolavoro “Cavalleria rusticana”, il maestro Daniele Rustioni ha incontrato i giovani allievi del Liceo musicale Niccolini Palli e del Conservatorio della città, l’Istituto Superiore di Studi Musicali Mascagni. Insieme a lui il Direttore generale della Fondazione Goldoni ed il maestro Daniele Salvini, consulente musicale del Goldoni. Un’ora e mezza di confronto, interventi, consigli, testimonianze preziose da un Direttore d’orchestra come Rustioni che a soli 33 anni è già uno dei protagonisti della musica classica dei nostri giorni, applaudito in Teatri quali la Scala di Milano e la Royal Opera House Covent Garden di Londra, premiato nel 2013 “Miglior esordiente dell’anno” dagli International Opera Award di Londra (gli Oscar della Lirica).
Diretto, concreto, simpatico, non si è sottratto a nessuna domanda, nemmeno quelle più insidiose, soffermandosi molto sugli aspetti legati ai momenti formativi fondamentali per un giovane musicista che volesse intraprendere come lui la carriera di direttore d’orchestra.
Terminato l’incontro, il tempo di una breve prova d’insieme e di nuovo subito in scena al Goldoni, a 24 ore di distanza dalla Traviata che aveva diretto la sera prima a Londra, con il concerto che l’ha visto protagonista sul podio dell’Orchestra della Toscana di cui è Direttore principale dal 2014. Un po’ di comprensibile stanchezza, ma sempre tanta voglia di stare con i giovani ed il pubblico, al quale non ha fatto mancare un applauditissimo bis finale nel segno di Mozart e Salieri. Bravo Maestro!

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Al Goldoni la lezione di Cardinali sulla livornesità

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di Massimiliano Bardocci

Uno spettacolo che parla a 360° della città di Livorno ma soprattutto dei livornesi è quello andato in scena al teatro Goldoni sabato 28 gennaio e che ha visto protagonista Mario Cardinali autore, ideatore e editore del "Il Vernacoliere", giornale satirico conosciuto ovunque, sia in Italia che all'estero. Mario Cardinali è uscito dalle pagine del suo mensile per presentarsi direttamente al pubblico con uno spettacolo da lui stesso interpretato e scritto dal titolo "Noi livornesi una razzaccia a modo nostro" nel quale prevalgono la storia, le storielle, la satira, l'umorismo, la letteratura, la poesia, i proverbi ingredienti. Uno spettacolo ben riuscito, ben studiato e ben apprezzato dal pubblico presente in sala che ha ascoltato questa lezione con molta attenzione e interesse scoppiando nella risata al momento della battuta piccante.

Mario Cardinali come è nato questo spettacolo?:
"Non è nato da un'idea dell'ultimo momento ma da un'idea che ho portato avanti già nel 2006 in fortezza vecchia con la festa del "Vernacoliere" perché occorre sopperire alla carenza che c'è nei livornesi di non conoscere la propria storia, della quale se ne sente parlare raramente, e che nessuno insegna loro nonostante qualche scuola promuova delle iniziative che coinvolgono gli alunni. Questo non basta e io ci provo a spiegarla a modo mio. Noi livornesi siamo particolarmente differenti e abbiamo un carattere completamente diverso dagli altri toscani e nei nostri confronti c'è tanta curiosità, come mi hanno fatto notare tantissime persone che ho incontrato nel divulgare il mio giornale nelle università o nei centri sociali in varie città della nostra regione e fuori".

Secondo te cosa hanno i livornesi di diverso dagli altri?
"Io ho cercato di spiegarlo a tutti compreso i miei concittadini che alla fine sono rimasti entusiasti. In questo spettacolo parlo delle origini della città, in maniera sciolta e non noiosa, intramezzata con la lettura delle locandine del "Vernacoliere" e con spirito satirico aggiornato agli eventi del mondo di oggi. Io non ho un copione ben preciso, come si suol dire vado a braccio ovvero parlo spontaneamente. Son soddisfatto di questo mio spettacolo in quanto all'età di 80 anni sono riuscito a intrattenere il pubblico per ben due ore consecutive".

Avrà un seguito questo spettacolo?
"Non lo so, ho accettato di venire qui al teatro Goldoni per merito della proposta fatta dal dottor Marco Leone, direttore della Fondazione teatro Goldoni, che ho accettato ben volentieri. Vedremo in futuro. Devo dire che ho dovuto tralasciare alcuni argomenti come il parlare del linguaggio livornese e la sua particolarità, il periodo dello sfollamento e tant'altro, argomenti che vorrei raccontare in un libro che tanti mi chiedono di pubblicare. Credo di essere utile alle persone narrando la storia di Livorno alla mia maniera e di sostenere il più alto possibile, anche se non sono un "parranco", il loro morale con la mia satira".

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Goldoni, stasera in scena “Operetta Burlesca”

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Prodotta dalla compagnia Sud Costa Occidentale da lei fondata nel 1999, Operetta Burlesca narra la storia di una sofferenza, della fragilità emotiva di chi rifiuta un’identità, e l’intorno che lo circonda: “Questa storia parla di Pietro, un ragazzo della provincia meridionale – spiega la drammaturga e regista palermitana – Pietro è nato femmina ai piedi del Vesuvio, parla in falsetto, ha un corpo sbagliato e un animo passionale, influenzato dal vulcano. Pietro vive coi genitori, è figlio unico, il padre l’ha messo a lavorare in una pompa di benzina, s’innamora infelicemente un sacco di volte. L’unica sua libertà è scappare a Napoli: ci va a far shopping ma soprattutto a camminare. Al suo rientro, Pietro si chiude nella sua stanza, la stessa di quand’era bambino coi poster attaccati con lo scotch, e si traveste, si mette gli abiti che si è comprato in via Duomo, calza le décolleté tacco 12, sposta i mobili, allarga lo spazio, impila il comodino sul letto, spinge nell’angolo l’armadio... E poi balla”. Una femmina intrappolata in un corpo maschile, nel contesto di una società retrograda, con una famiglia che si delinea come presenza oppressiva, minaccia fisica e morale, temi già affrontati da Emma Dante a cui unisce il gioco coreografico e musicale lasciando aperta la strada alla denuncia sociale, che è anche una tematica portante nella sua poetica: “Ho scritto questa storia perché spero che sulle unioni omosessuali l’Italia colmi il ritardo con l’Europa. Perché detesto la repressione del vero desiderio, del talento. E non ammetto tutto questo disincanto, Pietro non ci prova neanche a scappare, del resto a 40 anni è difficile, il suo passato sfuoca, il suo futuro si accorcia. La sua delusione pian piano si trasforma in indifferenza. Ho conosciuto tanti Pietro. Non li ho mai visti ballare. Li ho sentiti monchi, stretti dalla morsa delle loro camerette condominiali. Vorrei vederli ballare, vorrei più spazio per loro”. Considerazioni che in Operetta Burlesca prendono vita e forza scenica per una narrazione coinvolgente, reale, che pone molte domande allo spettatore, grazie anche al valore dei protagonisti sul palcoscenico Viola Carinci, Roberto Galbo, Francesco Guida, Carmine Maringola; le coreografie sono di Davide Celona, le luci di Cristian Zucaro.

Con i suoi lavori Emma Dante ha esplorato e continua ad esplorare il tema della famiglia e dell’emarginazione attraverso una poetica di tensione e follia nella quale non manca una punta di umorismo. Diplomata a Roma nel 1990 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, ha vinto numerosi premi tra cui Scenario 2001, Ubu 2002 come novità italiana, premio Lo Straniero come giovane regista emergente, nel 2003 ancora il premio Ubu con lo spettacolo “Carnezzeria” come migliore novità italiana e nel 2004 il premio “Gassman” come migliore regista italiana e il premio della critica (Associazione Nazionale Critici del Teatro) per la drammaturgia e la regia. Nel 2005, vince il premio Golden Graal come migliore regista per lo spettacolo “Medea” e nel 2014 il premio Abbiati ed il De Sica per il teatro, oltre al premio Ipazia all’eccellenza femminile.

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“Musica Ribelle”, l’opera rock sbarca al Goldoni

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di Cecilia Milazzo

Musica ribelle – la forza dell’amore. Questo è il titolo dello spettacolo teatrale di evidente estrazione rock, nuova produzione della compagnia Todomodo in collaborazione con Bags Entertainment, che verrà messa in scena il 10 e l’11 febbraio al Teatro Goldoni di Livorno e dal 21 al 23 febbraio al Teatro Era di Pontedera.

Un’opera, questa, che "affonda le proprie radici nel territorio livornese", come ha tenuto a sottolineare Pietro Contorno, direttore artistico della Todomodo e scrittore del soggetto dell’opera.

"Musica ribelle – ha specificato Contorno – nasce a Livorno ed ha anche un titolo abbastanza labronico: è tipicamente livornese, infatti, la capacità di contagiare gli altri e di esprimere forza vitale. Questo spettacolo non sarebbe potuto andare in scena senza il Teatro Goldoni: senza l’usciere del Goldoni, senza i tecnici, senza gli uffici, senza il direttore del Goldoni. Il sostegno, umano e relazionale, del teatro è stato fondamentale e per niente scontato. Dieci giorni qui a Livorno, in teatro e in giro per la città, devono essere motivo di vanto per questa città che porta a casa sua uno spettacolo nazionale. Abbiamo cercato di rinnovare il teatro musicale italiano, anche grazie all’aiuto di Stefano Brondi (direttore musicale) che ha reso musicale questo spettacolo, per sostanziarlo di qualcosa che non fosse semplicemente intrattenimento. Per questo- conclude Contorno-  l’idea è stata quella di  metterci dentro la musica, la poetica e la storia di Eugenio Finardi, attingendo prevalentemente dai suoi primi quattro lavori musicali, legati al movimentismo e all’impegno civile e politico degli anni ’70. Poi, però, c’era da cucire una storia, e così ci siamo imbattuti in Francesco Niccolini…".

"Pietro Contorno mi ha passato un soggetto bello e complicato – interviene Francesco Niccolini, drammaturgo di Musica ribelle - Prima di tutto, ho cercato di capire come far stare in piedi questa struttura molto complicata, fatta di due storie che si intrecciano nello stesso spazio, ma in due epoche diverse: una che accade negli anni ’70 e dura sette anni e un’altra che accade ai giorni nostri e dura sette giorni. Un intreccio molto complicato che è diventato una scommessa drammaturgica divertente. Piano piano, infatti, siamo riusciti a capire come riempire questi sette anni e questi sette giorni, incrociarli e farli stare in piedi".

Sono appunto due storie parallele, anche se profondamente congiunte e connesse, quelle che gli interpreti di Musica ribelle (fra cui ricordiamo Federico Marignetti, Massimo Olcese e Arianna Battilana) metteranno in scena mostrandoci, con schiettezza ed autenticità, due generazioni apparentemente distanti ma sostanzialmente vicine. Fa da sfondo alla storia uno scantinato nella città di Milano, che accoglie e raccoglie le esperienze, le passioni e i drammi vissuti dai rappresentanti delle due generazioni. Due generazioni, quelle degli anni ’70 e quella dei giorni nostri, che vivono le relazioni amicali e amorose, l’impegno politico e la passione per la musica scontrandosi in maniera schietta e cruda con la droga, l’alcool, la morte. Ed è quindi un doppio parallelismo quello che ci viene concesso dal cast di questa opera rock: equidistanti sono i protagonisti, il signor Hugo e Lara93, così come equidistanti sono le esperienze da loro vissute.

[caption id="attachment_226594" align="alignleft" width="300"] ?[/caption]

Riuscire a rappresentare una storia così intrinsecamente complessa non è stato semplice, come ha ricordato Emanuele Gamba, regista di Musica ribelle. Nel suo intervento, Gamba ha infatti sottolineato che “il livello di complessità dello spettacolo è alto perché incrocia e utilizza linguaggi diversi: recitazione, canto, video, azioni coreografiche. È uno spettacolo complesso poiché usa codici diversi e far in modo che tutto questo abbia un’organicità, una complessità semplice non è stato immediato. Nonostante il grado di difficoltà, il grado di passione e una vocazione ribelle ha alla fine contagiato il cast creativo. Ed è questo poi che può rendere pulsante, vibrante e vitale ciò che viene messo in scena, al di là del fatto che potranno esserci delle sbavature. Io ritengo sempre che il motore di uno spettacolo sia l’essere umano, il cast, poiché il fenomeno teatrale è un fenomeno umano che ha a che fare con chi, in carne ed ossa, sta lì a provare, a cantare, a ballare. Abbiamo un cast pazzesco: sono generosi, buttano il cuore al di là dell’ostacolo”.

[caption id="attachment_185640" align="alignleft" width="300"]Il Direttore del Goldoni, Marco Leone Il Direttore del Goldoni, Marco Leone[/caption]

Come per ricollegarsi alle iniziali parole di Pietro Contorno, Matteo Mantovanelli, project manager di Bags Entertainment, ha dichiarato che “questa è una produzione che si connota fortemente come livornese. Quindi è giusto che si chiami ‘Musica ribelle’ poiché Livorno è conosciuta come una città ribelle, forte, piena di passioni. Ci siamo associati a questo percorso perché ci è piaciuta molto la passione che c’era dietro. Il lavoro che ha fatto Todomodo in passato, ricordiamo ‘Spring Awakening’, è un lavoro di grande qualità e anche questo ci ha convinto a lavorare con loro. La qualità è la parte principale di questo progetto ed è una delle poche cose che funziona anche quando un progetto è difficile: se c’è una qualità, un impatto artistico forte, i progetti vanno avanti. La qualità sta anche nel cast. Il cast di Musica ribelle è forte, carico, molto determinato, appassionato”.

Le parole di Marco Leone, direttore generale della fondazione Teatro Goldoni, hanno invece sottolineato la storicità del Goldoni. “Il Goldoni – ha spiegato Leone – è un teatro di tradizione che come tale deve proteggere e promuovere la propria tradizione musicale, intesa come lirica ma non solo. La tradizione musicale del nostro territorio si declina infatti in molte forme. Con Musica ribelle è stata ‘livornesizzata’ una produzione che partiva da Finardi, dandogli delle radici profonde. Io penso che più una realtà produttiva, un’opera d’arte affonda le radici nella propria autobiografia, nella propria storia, nelle proprie identità, più è forte sul mercato perché è meno generalista, perché porta delle istanze, dei desideri delle pulsioni profonde”.

L’appuntamento è quindi per il 10 e l’11 febbraio, nel teatro labronico, con Musica ribelle.
Per maggiori info: www.goldoniteatro.it

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“Musica Ribelle”, l’opera rock sbarca al Goldoni

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di Cecilia Milazzo

Musica ribelle – la forza dell’amore. Questo è il titolo dello spettacolo teatrale di evidente estrazione rock, nuova produzione della compagnia Todomodo in collaborazione con Bags Entertainment, che verrà messa in scena il 10 e l’11 febbraio al Teatro Goldoni di Livorno e dal 21 al 23 febbraio al Teatro Era di Pontedera. Un’opera, questa, che "affonda le proprie radici nel territorio livornese", come ha tenuto a sottolineare Pietro Contorno, direttore artistico della Todomodo e scrittore del soggetto dell’opera.

"Musica ribelle – ha specificato Contorno – nasce a Livorno ed ha anche un titolo abbastanza labronico: è tipicamente livornese, infatti, la capacità di contagiare gli altri e di esprimere forza vitale. Questo spettacolo non sarebbe potuto andare in scena senza il Teatro Goldoni: senza l’usciere del Goldoni, senza i tecnici, senza gli uffici, senza il direttore del Goldoni. Il sostegno, umano e relazionale, del teatro è stato fondamentale e per niente scontato. Dieci giorni qui a Livorno, in teatro e in giro per la città, devono essere motivo di vanto per questa città che porta a casa sua uno spettacolo nazionale. Abbiamo cercato di rinnovare il teatro musicale italiano, anche grazie all’aiuto di Stefano Brondi (direttore musicale) che ha reso musicale questo spettacolo, per sostanziarlo di qualcosa che non fosse semplicemente intrattenimento. Per questo- conclude Contorno-  l’idea è stata quella di  metterci dentro la musica, la poetica e la storia di Eugenio Finardi, attingendo prevalentemente dai suoi primi quattro lavori musicali, legati al movimentismo e all’impegno civile e politico degli anni ’70. Poi, però, c’era da cucire una storia, e così ci siamo imbattuti in Francesco Niccolini…".

"Pietro Contorno mi ha passato un soggetto bello e complicato – interviene Francesco Niccolini, drammaturgo di Musica ribelle - Prima di tutto, ho cercato di capire come far stare in piedi questa struttura molto complicata, fatta di due storie che si intrecciano nello stesso spazio, ma in due epoche diverse: una che accade negli anni ’70 e dura sette anni e un’altra che accade ai giorni nostri e dura sette giorni. Un intreccio molto complicato che è diventato una scommessa drammaturgica divertente. Piano piano, infatti, siamo riusciti a capire come riempire questi sette anni e questi sette giorni, incrociarli e farli stare in piedi".

Sono appunto due storie parallele, anche se profondamente congiunte e connesse, quelle che gli interpreti di Musica ribelle (fra cui ricordiamo Federico Marignetti, Massimo Olcese e Arianna Battilana) metteranno in scena mostrandoci, con schiettezza ed autenticità, due generazioni apparentemente distanti ma sostanzialmente vicine. Fa da sfondo alla storia uno scantinato nella città di Milano, che accoglie e raccoglie le esperienze, le passioni e i drammi vissuti dai rappresentanti delle due generazioni. Due generazioni, quelle degli anni ’70 e quella dei giorni nostri, che vivono le relazioni amicali e amorose, l’impegno politico e la passione per la musica scontrandosi in maniera schietta e cruda con la droga, l’alcool, la morte. Ed è quindi un doppio parallelismo quello che ci viene concesso dal cast di questa opera rock: equidistanti sono i protagonisti, il signor Hugo e Lara93, così come equidistanti sono le esperienze da loro vissute.

Riuscire a rappresentare una storia così intrinsecamente complessa non è stato semplice, come ha ricordato Emanuele Gamba, regista di Musica ribelle. Nel suo intervento, Gamba ha infatti sottolineato che “il livello di complessità dello spettacolo è alto perché incrocia e utilizza linguaggi diversi: recitazione, canto, video, azioni coreografiche. È uno spettacolo complesso poiché usa codici diversi e far in modo che tutto questo abbia un’organicità, una complessità semplice non è stato immediato. Nonostante il grado di difficoltà, il grado di passione e una vocazione ribelle ha alla fine contagiato il cast creativo. Ed è questo poi che può rendere pulsante, vibrante e vitale ciò che viene messo in scena, al di là del fatto che potranno esserci delle sbavature. Io ritengo sempre che il motore di uno spettacolo sia l’essere umano, il cast, poiché il fenomeno teatrale è un fenomeno umano che ha a che fare con chi, in carne ed ossa, sta lì a provare, a cantare, a ballare. Abbiamo un cast pazzesco: sono generosi, buttano il cuore al di là dell’ostacolo”.

Il Direttore del Goldoni, Marco Leone

Come per ricollegarsi alle iniziali parole di Pietro Contorno, Matteo Mantovanelli, project manager di Bags Entertainment, ha dichiarato che “questa è una produzione che si connota fortemente come livornese. Quindi è giusto che si chiami ‘Musica ribelle’ poiché Livorno è conosciuta come una città ribelle, forte, piena di passioni. Ci siamo associati a questo percorso perché ci è piaciuta molto la passione che c’era dietro. Il lavoro che ha fatto Todomodo in passato, ricordiamo ‘Spring Awakening’, è un lavoro di grande qualità e anche questo ci ha convinto a lavorare con loro. La qualità è la parte principale di questo progetto ed è una delle poche cose che funziona anche quando un progetto è difficile: se c’è una qualità, un impatto artistico forte, i progetti vanno avanti. La qualità sta anche nel cast. Il cast di Musica ribelle è forte, carico, molto determinato, appassionato”.

Le parole di Marco Leone, direttore generale della fondazione Teatro Goldoni, hanno invece sottolineato la storicità del Goldoni. “Il Goldoni – ha spiegato Leone – è un teatro di tradizione che come tale deve proteggere e promuovere la propria tradizione musicale, intesa come lirica ma non solo. La tradizione musicale del nostro territorio si declina infatti in molte forme. Con Musica ribelle è stata ‘livornesizzata’ una produzione che partiva da Finardi, dandogli delle radici profonde. Io penso che più una realtà produttiva, un’opera d’arte affonda le radici nella propria autobiografia, nella propria storia, nelle proprie identità, più è forte sul mercato perché è meno generalista, perché porta delle istanze, dei desideri delle pulsioni profonde”. L’appuntamento è quindi per il 10 e l’11 febbraio, nel teatro labronico, con Musica ribelle.
Per maggiori info: www.goldoniteatro.it

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“Il cappello di paglia di Firenze”, lunedì guida all’ascolto

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Il suo nome è indissolubilmente legato alle celeberrime colonne sonore dei film di Federico Fellini come “Amarcord”, “La dolce vita”, o ad altri titoli famosi come “Il Padrino” di Coppola che gli vale il Premio Oscar, ma fu anche raffinato ed apprezzato compositore di tanta musica classica, sempre capace di catturare di colpo l’ascolto del pubblico. Parliamo di Nino Rota di cui, grazie alla nuova produzione di LTL Opera Studio con i Teatri di Pisa e Lucca, il Teatro Goldoni si prepara ad ospitare per la stagione lirica il suo capolavoro “Il cappello di paglia di Firenze” in programma i prossimi 17 e 19 febbraio.
Un’opera che fin dal debutto nel 1955, non cessa di avere successo per la magica leggerezza della sua ambientazione: per meglio conoscerla ed apprezzarla, il Goldoni invita il pubblico ad intervenire lunedì 13 febbraio, alle ore 17 in Sala Mascagni al nuovo appuntamento di “Guida all'ascolto”, l’iniziativa che vedrà il maestro Daniele Salvini condurre il pubblico attraverso le molteplici forme compositive che caratterizzano questo godibilissimo titolo e che il musicista caro a Fellini e Visconti mise in campo, con un occhio all’amata tradizione del melodramma italiano ed un altro alla propria personale esperienza del Novecento. Un titolo che si rivela sempre un meccanismo teatrale e musicale di grande freschezza e assolutamente perfetto, tutto da scoprire. Il direttore artistico Alberto Paloscia fornirà le notizie essenziali di questa nuova produzione del Teatro Goldoni che si avvale della regia di Lorenzo Maria Mucci e della direzione d'orchestra e concertazione di Francesco Pasqualetti.
L’incontro è ad ingresso libero.

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Rassegna Cinema, lunedì “Wiskey Tango Foxtrot”

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Lunedì 13 febbraio, alle ore 21, in Goldonetta, nuovo appuntamento della Rassegna Cinema è con il film Wiskey Tango Foxtrot.
Ispirato a una storia vera, diretto da Glenn Ficarra e John Requa, la protagonista è Tina Fey che interpreta Kim Barker, una giornalista televisiva di cronaca interna a cui viene affidata una delicata missione in Afghanistan lunga tre mesi.
Arrivata sul posto, viene subito a contatto con tutte le cose peggiori di questo Paese. Il continuo rischio di venire uccisi da esplosioni, la misoginia dell’Islam, la durezza dell’aria resa ancor più irrespirabile per via della guerra.
Ma non è tutto da buttare. In questo Paese pieno di problemi c’è anche la possibilità di avere una vita con un po’ di sano divertimento. Tutto questo lo viene a scoprire dai suoi più vicini colleghi, interpretati da Margot Robbie e Martin Freeman, che vivono la questione in maniera così spensierata forse per il fatto che essere così vicini ogni giorno alla morte ti fa sentire vivo come non mai.
Così Kim comincia ad imparare a calarsi nel conflitto, tra raffiche di mitra ed esplosioni, a conoscere militari e civili, e quei tre mesi diventano ben presto tre anni. La competizione con gli altri giornalisti sul campo di guerra e la forte amicizia che li lega fuori dal lavoro incorniciano questa commedia che ci mostra le zone di guerra da un punto di vista insolito, in cui il conflitto e le stragi rimangono decisamente sullo sfondo nonostante aleggi costantemente il pesante manto di morte e distruzione. La guerra è apocalisse pura, smantellamento dell’umanità eppure, la commedia decolla tra risate, pianti, umanità e corruzione dilagante e passioni fuori controllo. Ingresso riservato ai Soci
Associazione Amici Teatro Goldoni e Associazione Amici del Cinema “La Goldonetta”.  Le iscrizioni si ricevono direttamente in Goldonetta la sera della proiezione oppure alla sede degli Amici del Teatro presso il negozio Antichità “Il Quadrifoglio” via Mayer 66.

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“Livorno città dei teatri”. Se ne parla al Goldoni

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“Livorno Città di Teatri”: dal 1658 alla fine dell’Ottocento furono molti i teatri costruiti sul territorio livornese. Uno di questi, il Goldoni, è arrivato ai nostri giorni, sopravvivendo ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, altri sono scomparsi o ne rimangono solo tracce come il San Marco.

Da mercoledì 15 febbraio, alle ore 16, grazie ad un ciclo di conferenze ad ingresso libero in programma al Teatro Goldoni (Sala Mascagni) condotte da un musicologo ed esperto teatrale quale Fulvio Venturi, Presidente del Circolo Musicale Galliano Masini di Livorno, sarà possibile conoscerne la storia, i fasti, la sorte, con l’ausilio di immagini, notizie e aneddoti, sempre con interessanti riferimenti alla vita artistica e sociale del loro tempo. Un viaggio che dal passato arriverà ai giorni nostri in quattro tappe (prossimi appuntamenti il 23 febbraio e l’1 e 15 marzo), ogni volta con un particolare focus su uno di essi.

[caption id="attachment_227087" align="alignleft" width="300"]Il Teatro Rossini a Livorno dopo i bombardamenti Il Teatro Rossini a Livorno dopo i bombardamenti[/caption]

“E’ vero – spiega Venturi – Livorno era ricca di Teatri, una particolarità dovuta anche all’assetto politico della città con il suo porto franco, la presenza di popolazioni ospiti, di interessi culturali molteplici; questi aspetti favorirono l’esigenza e la percezione dei teatri come luogo di svago ma anche di frequentazioni, incontri e scambi non solo sociali, ma soprattutto economici, politici e culturali. Non è stato infrequente perciò che tali teatri siano stati costruiti spesso e retti con fondi provenienti dalle diverse “nazioni” che si trovavano sul territorio livornese”.

Si comincerà così dal Teatro di San Sebastiano, il primo dei teatri pubblici livornesi. Inaugurato nel 1658 come Stanzone delle Commedie nelle vicinanze del porto con lo scopo di fornire a chi giungesse a Livorno via mare ulteriori attrattive, questo teatro ebbe un notevole impulso a cavallo del 1700 in virtù dell’interesse del principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III, e diventò uno dei palcoscenici più rinomati in Europa. Qui Carlo Goldoni incontrò il capocomico Giuseppe Medebach all’inizio della sua attività di commediografo, qui i grandi cantanti dell’epoca si avvicendarono regolarmente e si stabilì la grande tradizione livornese nei confronti del melodramma.

[caption id="attachment_227088" align="alignleft" width="300"]Il Teatro Rossini a Livorno dopo i bombardamenti Il Teatro Rossini a Livorno dopo i bombardamenti[/caption]

E qui, nel 1778, colse anche una vibrante affermazione la celebre cantante livornese Celeste Coltellini, figlia di quel Marco nella cui tipografia fu stampata una edizione dell’Enciclopedie di Diderot. Dunque tutta la storia più fulgida della Livorno luminista e liberale del Settecento passò da questo teatro. Chiuso nel 1781 per fare posto al Teatro degli Avvalorati, l’edificio che ospitò il San Sebastiano fu trasformato in pubbliche abitazioni e, ulteriormente modificato, scomparve dalla mappa cittadina con gli sventramenti del 1923.
Fulvio Venturi, nato e cresciuto a Livorno, è stato consulente artistico per la Fondazione Goldoni dal 2005 al 2012; direttore artistico ed organizzatore di rassegne e spettacoli lirici, già componente del CdA dell’Istituto musicale Mascagni di Livorno, svolge un’intensa attività di saggista, essenzialmente nel genere musicologico, con collaborazioni con importanti Teatri ed istituzioni in Italia ed all’estero.

Notevole negli anni la sua produzione e ricerca sul massimo compositore livornese, al quale ha dedicato la sua ultima opera editoriale “Mascagni e le sue opere/ and his operas”, il primo libro bilingue su Pietro Mascagni, uscito recentemente con la pregevole Casa editoriale Sillabe di Livorno.

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Stasera “Tra Francia e Italia: viaggio nella melodia”

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Un brillante percorso musicale tra Italia e Francia con alcune meraviglie da non perdere: è quanto promette il prossimo concerto in programma mercoledì 15 febbraio, alle ore 21 alla Goldonetta per “Classica con gusto”, la rassegna di musica da camera della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno in collaborazione con Menicagli Pianoforti ed il Maestro Carlo Palese. Protagonisti assoluti della serata il flautista Mario Carbotta ed il pianista Carlo Balzaretti, artisti affermati che da molti anni formano un sodalizio affiatato e virtuoso in Italia ed all’estero. Saranno loro a coinvolgere il pubblico in un affascinante viaggio nella melodia tra ‘800 e ‘900, partendo proprio dal paese transalpino che tanto ha dato allo sviluppo della letteratura per flauto; ne sono un fulgido esempio la struggente Sonata di Francis Poulenc e le divagazioni sulla celeberrima Carmen di Bizet che realizzò François Borne nella sua Fantasia sull'opera riuscendo a mettere in risalto gli aspetti tecnici e musicali legati all’impegnativa trasposizione per flauto, strumento di cui era maestro indiscusso.

Sul versante del repertorio italiano, sarà proposto all’ascolto un particolarissimo e vivace Donizetti con la sua Sonata per flauto e pianoforte e la bellissima musica di Nino Rota, l’indimenticabile compositore premio oscar di colonne sonore per film di autori quali Fellini, Visconti, Coppola ma anche di raffinata musica strumentale: così dopo Cinque pezzi per flauto e pianoforte (La passeggiata di Puccettino, Serenata, Pavana, La chioccia, Il soldatino), si potranno apprezzare le versioni tratte da La Strada, Amarcord e Otto e mezzo). Mario Carbotta nella sua importante carriera concertistica ha suonato nei più prestigiosi teatri e festival d’Europa e del Mondo (Vienna, Praga, Lugano, Cairo, San Paolo, Toronto, Tokyo, Londra, Milano, ecc.) ed ai festivals internazionali di Santander, Perelada, Festival van Vlanderen-Limburg, Festival Puccini, Ljubljana, Varajdin, Zagreb, Teheran, Northeast Harbour nel Meine.  E' stato solista con oltre 60 orchestre sinfoniche e da camera di rilievo in Italia e all'estero ed ha compiuto inoltre esperienze direttoriali con la Civica Orchestra di Fiati di Milano, l'Orchestra Sinfonica di Sanremo, l'Orchestra Metropolitana di Bari e l'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna "A. Toscanini".
Personalità musicale poliedrica, Carlo Balzaretti ha iniziato in giovanissima età l’attività concertistica, tenendo numerosi recital pianistici, prendendo parte a trasmissioni televisive per la Rai, registrando compact disc e svolgendo un significativo ruolo nell’ambito dell’istruzione e della diffusione della musica classica in Italia. Vincitore di primi premi assoluti in diversi concorsi nazionali (Osimo e Bologna) ed internazionali, ha suonato in buona parte d’Europa, in Asia e negli USA, partecipando a numerosi Festival internazionali. Come di consueto, la serata sarà aperta dalla presentazione degli artisti al pubblico da parte del maestro Palese e si concluderà con il buffet finale offerto dagli organizzatori.

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Goldoni, sul palco “Il cappello di paglia di Firenze”

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Le sue splendide colonne sonore sono a pieno titolo nella storia del cinema. Conosciute ed amate dal pubblico, hanno accompagnato gli indimenticabili film di Fellini (Amarcord, La dolce vita, Otto e mezzo, ecc.), Visconti (Il Gattopardo), Zeffirelli (Romeo e Giulietta), fino al Padrino di Francis Ford Coppola che gli valse l’ambito Premio Oscar, ma Nino Rota è stato in realtà un compositore completo che si è dedicato a tutti i generi musicali, tra cui l’opera lirica, distinguendosi sempre per la raffinatezza del suo linguaggio. Tra i suoi capolavori, spicca Il Cappello di Paglia di Firenze, un’irresistibile farsa musicale che venerdì 17 febbraio, alle ore 20.30 e domenica 19 con inizio alle ore 16.30 andrà in scena al Teatro Goldoni di Livorno per la stagione lirica nel nuovo allestimento curato dal Teatro di Pisa coprodotto con il Goldoni ed il Giglio di Lucca per LTL Opera Studio. Si tratta di un felice ritorno, perché fu proprio con quest’opera che 16 anni fa i Teatri di Tradizione della Toscana inaugurarono quel percorso di selezione e formazione di giovani cantanti che ha ottenuto negli anni sempre più ampi riconoscimenti di pubblico e critica, fino al prestigioso Premio nazionale Abbiati per la categoria “Migliore iniziativa” nel 2013.

Basata su uno dei più conosciuti vaudeville di Eugène Labiche del 1851 e portato sugli schermi cinematografici nel 1927 dal grande René Clair che ne fece un capolavoro del cinema muto, Il Cappello di Paglia di Firenze fu composto da Rota nel 1945 su libretto che egli stesso scrisse insieme con la madre Ernesta Rinaldi. Rappresentato per la prima volta dieci anni più tardi al Teatro Massimo di Palermo, ha visto poi un susseguirsi di allestimenti in Italia e all’estero con crescente successo.
Con un meccanismo teatrale perfetto, Il Cappello di Paglia sul piano della vicenda, si basa su una strampalata ed esilarante avventura: il cavallo del giovane Fadinard s’è mangiato il cappello di paglia di Anaide mentre questa passeggiava con l’amante; Fadinard dovrà assolutamente rimediare, procurando alla donna un identico cappello, pena le ire del gelosissimo marito che altrimenti scoprirebbe la tresca e per di più minacciato dal militare con cui la donna ha la relazione. Si sviluppa così una vicenda piena di trovate, sospetti, scambi di persona, situazioni rocambolesche, dai ritmi frenetici nell’arco di una sola, incredibile giornata: quella delle nozze di Fadinard, assillato dal suocero che vorrebbe mandare a monte il suo matrimonio e l’esterrefatta sposa sempre circondata dal tutto il seguito di invitati chiassosi ed impiccioni.
Sul podio, alla guida dell’Orchestra Giovanile Italiana, il M° Francesco Pasqualetti, l’affermato direttore che vanta una importante carriera internazionale; la regia è di Lorenzo Maria Mucci, formatore e regista teatrale che ha già firmato con successo diversi titoli lirici ed è stato applaudito al Goldoni la scorsa stagione con il Simon Boccanegra di Verdi. Le scene sono di Emanuele Sinisi, i costumi di Massimo Poli, le luci di Michele Della Mea. La compagine corale vede insieme l’Ensemble vocale del Progetto LTL Opera Studio, il CLT Coro Lirico Toscano e alcuni giovani cantori del Coro delle Voci Bianche del Teatro del Giglio e della Cappella di Santa Cecilia di Lucca; Maestro del Coro Andrea Chinaglia.
Questi i personaggi ed interpreti delle due rappresentazioni: Fadinard Andrea Fermi / Claudio Zazzaro - Nonancourt Veio Torcigliani / Giordano Farina - Beaupertuis Claudio Mannino / Alessandro Biagiotti - Lo zio Vézinet Nicola Vocaturo - Emilio Chen Li / Rui Ma - Felice Victor Hernan Godoy - Achille di Rosalba Federico Bulletti - Un caporale delle guardie Claudio Mugnaini - Elena Sonia Bellugi / Maria Veronica Granatiero - Anaide Caterina Poggini / Federica Grumiro - La modista Anna Roberta Sorbo / Maria Ferraro - La Baronessa di Champigny Alessandra Masini / Maria Candirri.

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Goldonetta, lunedì per “Rassegna Cinema”, The Idol

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Lunedì 20 febbraio, alle ore 21, in Goldonetta, nuovo appuntamento della “Rassegna Cinema è…” con il film The Idol con Tawfeek Barhome e Ahmed Al Rokh, regia Hany Abu-Assad.
Gaza, sinonimo di tanti conflitti, distruzione e disperazione, ma per Mohammed Assaf e sua sorella Nour, è la loro casa e il loro parco giochi. È dove, insieme ai loro migliori amici Ahmad e Omar, fanno musica, giocano a calcio e sognano in grande. La loro band è alla buona, utilizzano vecchi strumenti musicali, ma hanno grandi ambizioni. Mohammed e Nour desidererebbero cantare all’Opera Hall del Cairo; per raggiungerla sarebbe necessaria una vita intera, ma Mohammed scoprirà che per alcuni sogni vale la pena di lottare. Lungo la strada, incontrerà la tragedia e proverà la solitudine. Il mondo che lo circonda andrà in frantumi. Nonostante tutto, comunque, sa che la sua voce lo libererà dal dolore che lo pervade, e porterà a un popolo senza voce la gioia. Per pagarsi gli studi universitari canta ai matrimoni e guida un taxi. Anche quando l’assedio nel territorio di Gaza si intensifica, Mohammed sa di avere un dono raro; con la sua voce può far sorridere e dimenticare i problemi e i dolori. Una sera, ecco la possibilità che il sogno si avveri: sente in tv che i provini per “Arab Idol”, lo show più popolare nel mondo arabo, si svolgono al Cairo. I confini sono chiusi. Sembra non esserci via d’uscita. Ma la voglia di realizzare un sogno è più forte di ogni ostacolo... Ecco l’opportunità di cambiare la sua vita e dare a un popolo senza voce la più grande sensazione: la libertà di amare, vivere e sentirsi liberi.
Ingresso riservato ai Soci. Associazione Amici Teatro Goldoni e Associazione Amici del Cinema “La Goldonetta”. Le iscrizioni si ricevono direttamente in Goldonetta la sera della proiezione oppure alla sede degli Amici del Teatro presso il negozio Antichità “Il Quadrifoglio” via Mayer 66.

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Al Goldoni “L’ora del ricevimento” con Bentivoglio

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E’ un insieme artistico di primo ordine quello che il Teatro Goldoni presenta martedì 21 e mercoledì 22 febbraio, alle ore 21 con lo spettacolo “L’ora di ricevimento” per la stagione di prosa: con la prestigiosa regia di Michele Placido ed un interprete intenso come Fabrizio Bentivoglio, attore con una solida ed applaudita esperienza teatrale ed amato da Gabriele Salvatores va in scena un testo forte, attuale, di coinvolgente verità ed ironia firmato da Stefano Massini. Il quarantenne drammaturgo fiorentino, autore tra i più rappresentati in Italia e all’estero, da sempre attento indagatore della complessità del nostro tempo, con questo suo nuovo lavoro porta l’azione tra i banchi di una scuola media nell’esplosiva banlieue di Les Izards, ai margini dell’area metropolitana di Tolosa in Francia: lì protagonista è Ardèche, un professore di materie letterarie con una trentennale esperienza, un insegnante – spiega Massini – un disilluso, un cinico, uno spietato osservatore e un lucidissimo polemista. La scolaresca che gli viene affidata è ancora una volta un crogiolo di culture e razze e lui vive nella convinzione che il vero trionfo sarebbe portare fino in fondo i suoi allievi senza perderne nessuno per strada e per questo riceve le famiglie degli scolari ogni settimana per un’ora. Ed è attraverso un incalzante mosaico di brevi colloqui con questa umanità assortita di madri e padri, che prende vita sulla scena l’intero anno scolastico della classe Sesta sezione C, da settembre a giugno. Al pubblico spetta il compito di immaginare i visi e le fattezze dei giovanissimi allievi, ognuno ribattezzato dal professor Ardèche con un ironico soprannome, e ognuno protagonista a suo modo di un frammento dello spettacolo.
Una situazione che dalla Francia può tranquillamente spostarsi oggi nelle città di ogni paese, inclusa l’Italia: “L’ora di ricevimento racconta, infatti, l’incontro-scontro culturale, sociale e religioso tra le famiglie di una classe di bambini delle periferie delle metropoli europee e un Professore attento e partecipe alla crescita culturale dei suoi allievi – afferma Michele Placido – ma che, nel percorso dell’anno scolastico cui assistiamo, si trova a mettere in discussione il modello educativo di una classe intellettuale borghese sempre più spiazzata dai cambiamenti epocali della recente storia contemporanea”.
Un teatro di parola assolutamente dinamico nel suo svolgersi, che si avvale della produzione del Teatro Stabile dell’Umbria e vede insieme a Fabrizio Bentivoglio protagonisti sul palcoscenico Francesco Bolo Rossini, Giordano Agrusta, Arianna Ancarani, Carolina Balucani, Vittoria Corallo, Balkissa Maiga, Stefano Patti, Samuel Salamone, Giulia Zeetti e Marouane Zotti; le scene sono di Marco Rossi, i costumi di Andrea Cavalletto, musiche originali di Luca D’Alberto, voce cantante Federica Vincenti, luci realizzate da Simone De Angelis. Tutta la compagnia incontrerà il pubblico mercoledì 22 febbraio, alle ore 17.30 presso la sala Mascagni del Goldoni (ingresso libero); coordinerà l’incontro la giornalista Maria Teresa Giannoni.

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Mercoledì incontro con la Compagnia de L’ora di ricevimento

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Mercoledì 22 febbraio alle 17.30 nella Sala Mascagni del Teatro Goldoni, gli attori della Compagnia de L’ora di ricevimento, incontreranno il pubblico intervistati da Maria Teresa Giannoni, un’opportunità per confrontarsi direttamente con i protagonisti dello spettacolo su una tematica fortemente attuale. Nel cuore dell’esplosiva banlieue di Les Izards ai margini dell’area metropolitana di Tolosa, Eugene Ardeche, insegnante di materie letterarie, ha come obiettivo arrivare alla fine dell’anno scolastico con tutti i suoi tredici scolari, senza perderne qualcuno per strada. È attraverso l’ora di ricevimento del giovedì, nei brevi colloqui con madri, padri, fratelli, sorelle, assistenti sociali e improbabili affidatari, che vengono alla luce le vite, i volti dei giovanissimi allievi, le loro paure e desideri, i loro piccoli incidenti scolastici.
Mentre risalta in tutta la sua drammaticità il tema dell’esclusione sociale, ancor più tangibile fuori da questo luogo, la scuola, che sembra essere l’unica trincea contro ogni forma di degrado. Ingresso libero fino esaurimento posti. Biglietti ancora disponibili per lo spettacolo in scena alle 21.

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Goldoni, conferenza sul teatro degli Avvalorati

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Era un teatro con gli interni eleganti, impreziositi dalle pitture di Giuseppe Maria Terreni, quattro ordini di palchi e dalla sua inaugurazione nel 1782 conobbe una storia avvincente, frequentato dai più grandi artisti del tempo. Sarà il musicologo e presidente del Circolo musicale “Galliano Masini” Fulvio Venturi a rinverdire il ricordo ed i fasti del Teatro degli Avvalorati a Livorno, nome ormai conosciuto solo per la denominazione dell’omonimo viale dove sorgeva. Eppure per un secolo intero fu il punto di riferimento della vita culturale livornese e grazie alla ricostruzione storica ed artistica condotta da Venturi, ricca di personaggi, notizie ed aneddoti, giovedì 23 febbraio, alle ore 16, nella Sala Mascagni del Teatro Goldoni, il pubblico potrà ripercorrerne le vicende con una conferenza ad ingresso libero (fino esaurimento posti) per il ciclo “Livorno, città di teatri”.
Inaugurato come “Teatro Nuovo”, fu costruito per sostituire a Livorno il Teatro di San Sebastiano, ritenuto ormai insufficiente ed assunse poi la denominazione definitiva, con la quale è ricordato, nel 1790, dopo che l’Accademia degli Avvalorati ne acquistò l’immobile. Moltissimi i personaggi di gran livello che si avvicendarono sulle tavole del suo palcoscenico, sia nel campo dell’opera lirica che in quello della prosa. Il periodo aureo di questo teatro si colloca tra il 1790 ed il 1840, quando la sua attività si arricchì di alcune “prime” assolute ed il suo albo d’oro dei nomi di artisti come Luigi Marchesi, Girolamo Crescentini, Giuseppa Grassini, Elizabeth Billington e John Braham. Anche in seguito, tuttavia, questo teatro seppe sempre tenere alto il vessillo dell’arte. Basti dire che ancora nel 1920, quando gli Avvalorati furono riaperti dopo un lungo e radicale restauro, l’evento che festeggiò la nuova inaugurazione fu l’allestimento di un’Aida con una stellare distribuzione d’artisti, nella quale spiccò il nome del tenore spagnolo Miguel Fleta. Gli Avvalorati furono anche il teatro dove Alessandro Lanari, forse l’impresario più importante del primo Ottocento italiano, svolse a Livorno la propria cospicua attività. L’edificio fu duramente colpito nel corso di un bombardamento aereo avvenuto il 28 maggio 1943 e definitivamente abbattuto nel dopoguerra.

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L’Ora di Ricevimento: un ritratto antropologico

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di Claudio Fedele

Quello sguardo rassegnato, cinico, disilluso, talvolta polemico, di chi sembra averne viste tante dalla vita, e tanti, e ti vuol far pesare la propria superiorità o intelligenza con una punta di sarcasmo qua e là, l’abbiamo visto tutti, almeno una volta, o ne siamo stati “vittime”. E’ lo sguardo austero, ma non malvagio, di un docente, di un insegnante, di un educatore, con quegli occhi indecifrabili che ti osservano tutti i giorni per una buona parte della tua vita, sempre gli stessi su volti diversi. E’ il volto che indossa, abilmente, come se fosse una maschera fatta su misura, Fabrizio Bentivoglio, ne L’Ora di Ricevimento, che con grande maestria si trasforma nel professor di francese Ardèche, un tipo eccentrico e dal fascino irresistibile, il quale apre con un monologo esemplare, sulle varie tipologie di alunni che ha in classe, a cui dà ad ognuno di essi un preciso soprannome che lo identifichi, il dramma diretto da Michele Placido da un testo di Stefano Massini, ambientato a Les Izards, ai margini dell’aerea metropolitana di Tolosa.

Parlare, tuttavia, della propria scolaresca è solo un pretesto per arrivare ad un discorso più ampio, capace di toccare temi assai delicati, come se d’altronde già la crescita emotiva dei giovani non lo fosse. Eppure Massini sembra voler mettere in luce elementi che vanno ben oltre i banchi di scuola, scolpendo con precisione un ritratto sociale ed antropologico di una società, quella odierna, che, vista attraverso gli occhi di un professore, di una figura qualunque, rivela le proprie peculiarità e caratteristiche, rivelandosi una vera e propria Babele di usi, costumi, contraddizioni e tradizioni che, volenti o nolenti, almeno in ambito scolastico, non dovrebbero poi aver molto peso.

La regia dello spettacolo, per quanto efficace, è fortemente aiutata dai dialoghi e dalle battute, dalla compostezza dei comprimari che interagiscono con il protagonista, un Fabrizio Bentivoglio magnetico, che conferisce alla sua controparte una personalità carismatica di alto livello senza mai dover andare troppo sopra le righe, senza mai dover alzare la voce. Il professore che, forse, molti avrebbero voluto, eppure non per questo il migliore, poiché si ritrova vittima di un sistema che lo vede costantemente al centro di tutto, un ciclo eterno tra i banchi di scuola che lo porta ad interagire con le giovani menti dalle quali potrebbe nascere un futuro Nobel o un giovane Baudelaire.

Ecco, dunque, che ci vengono presentati, solo per nome, “Raffreddore” ragazzo perennemente malato, “Il Boss” colui che prende il banco centrale e sfida, con lo sguardo, tutti gli insegnanti, “Primo Banco” lo sfortunato consapevole di essersi scelto la postazione peggiore, “Missionaria” colei che si sacrifica per gli altri, “Cartone Animato” la ragazza semplice che ride di tutto e di tutti, ed anche di se stessa, “Finestra” che con lo sguardo osserva sempre oltre i vetri il paesaggio di fronte alla scuola. Titoli e nomignoli, figli d’anni ed anni passati dietro ad una cattedra, a studiare e ad analizzare ragazzi con particolari sfumature dotati di caratteristiche precise, sia fisiche che psicologiche, che Ardèche vede ogni anno, e che, purtroppo, ogni anno non sempre comprende appieno.

Nel dramma di Massini il pubblico ha modo di divertirsi e riflettere, di gustare e prendere con leggerezza elementi che lasciano un segno preciso e permettono di fare qualche riflessione sociale toccando anche tematiche religiose, perché, ammettiamolo, avere una classe di tredici alunni molti dei quali musulmani, ebrei e cattolici non è uno scherzo, è come “mettere ad una tavola i tre principali esponenti di queste tre religioni e cercare di trovare un comune denominatore tra loro.”

L’Ora di Ricevimento ci offre un ventaglio ricco di uomini e donne che vivono di contrasti e credi differenti, incanalando ogni cosa attraverso lo sguardo melanconico di Fabrizio Bentivoglio, un attore che ha modo di sfoggiare il proprio talento su tutti gli altri comprimari, che riesce a mantenere alto il livello dell’intrattenimento anche nei momenti meno riusciti. Che si contano sulle dita di una mano, e forse, anzi, potrebbero essere reindirizzati ad uno solo, quando sul palco compare un vecchio alunno di Ardèche, uno dei tanti “Invisibili”, ormai adulto, il cui intermezz non regge il confronto con i molti dialoghi frizzanti tra docente e genitori.

Con la regia di Michele Placido, da un testo di Stefano Massini, L’Ora di Ricevimento è uno spettacolo che ha saputo far rivivere al pubblico cosa si provi tra i banchi di scuola, ma, stavolta, da una prospettiva diversa, quella del professore. Se un ottimo lavoro è stato fatto nel saper tratteggiare con minuzia di particolari gli atteggiamenti dei molti padri e delle molte madri degli alunni del professor Ardèche, niente, tuttavia, rimane impresso più dello sguardo di Bentivoglio, che avrà fatto rimpiangere a molti di non aver avuto un insegnante come il suo professore di francese nella propria adolescenza.

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Goldoni, oggi al via quattro stage sulla voce. L’Ora di Ricevimento: un ritratto antropologico

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L’Associazione Compagnia del Cerchio in collaborazione con il Teatro Goldoni, ha organizzato a partire dal 24 di febbraio 4 stage, dedicati a “riconoscere” la propria voce (clicca qui per leggere la recensione dello spettacolo L'Ora di Ricevimento). Ogni giorno parliamo a lavoro, parliamo con gli amici, chiediamo un caffè, cantiamo sotto la doccia. La voce è uno strumento che, pur usandolo quotidianamente e istintivamente, tutti noi non conosciamo a fondo nelle sue varie sfaccettature e potenzialità. La voce è il nostro strumento e trasmette qualcosa di noi e della nostra personalità a chi ci ascolta; anche a nostra insaputa. Ma noi ci ascoltiamo?
Questi percorsi sono aperti a tutti coloro che, per diverse ragioni, sono interessati ad imparare o avvicinarsi per la prima volta all’uso della voce tramite diverse tecniche, a tutti coloro che desiderano approfondire la relazione tra voce e corpo e i vari aspetti dell'emissione vocale. Lo studio della voce e del respiro usato come mezzo utile anche alla ricerca di un'armonia interiore che si manifesti in tutta la sua pienezza. Respirare insieme, ascoltare e produrre un suono, un canto che contiene le proprie esperienze di vita. Il progetto avrà un’articolazione modulare, con pacchetti orari, cercando di garantire due livelli diversi di approccio: il primo destinato ai principianti, il secondo di approfondimento.

24/25/26 febbraio Julianna Bloodgood e Rafael Habel (Songs of the Goat Theatre – Polonia). Si approfondiranno la connessione corpo-voce e l’esplorazione del suono derivato dal gesto fisico. L’obiettivo è quello di sviluppare il concetto di presenza e rivelare una voce e un corpo aperto, libero, espressivo e in grado di comunicare verità emotiva.
25/26 marzo Linda Palazzolo Yoga e canto indiano. La struttura del seminario coniuga in modo consecutivo yoga, respiro e canto, conducendo ciascuno a percepirsi come essere in ascolto, capace di ricevere ed emettere dall’universo affinando la percezione del suono nel corpo, sino a liberare e sperimentare la propria voce naturale.
16/17/18 Giugno Marina Mulopulos Il Corpo che Canta Durante il workshop verranno affrontati i seguenti temi: armonici e scoperta dei principali canali vocali, canto armonico corale, improvvisazione del sé nello spazio corale, definizione del proprio io nello spazio corale. Non è necessario essere cantanti, la classe è aperta a tutti.
30 Giugno, 1/2 luglio Dimitris Varkas Il risveglio della voce e della sua energia Il focus principale sarà come attraverso il corpo possiamo aprire il canale della voce: si lavorerà sulla fisicità e immaginazione, musicalità e respirazione, impulsi e ritmo. Esercizi focalizzati sul ritmo, sulla respirazione e improvvisazioni di movimento, dove il corpo diventa elemento fondamentale, "colonna portante" per una voce libera. Il workshop è aperto a musicisti, ballerini e attori sia professionali che amatoriali; si terrà in inglese con traduzione in italiano se necessario.

Inoltre da febbraio è stato attivato un corso di mindfullness tenuto da Paola Martelli nella sala Specchi del Teatro Goldoni, si tratta di un incontro settimanale, il giovedì ore 8,30/9. La mindfulness è la tecnica base per sviluppare una consapevolezza 'psicosomatica' di sé da cui parte l'intero percorso di benessere psicofisico orientato alla liberazione dei blocchi e alla crescita personale. E’ una tecnica molto semplice ed essenziale, ma è forse più potente e profonda che ha creato più realizzazioni spirituali nel mondo. Questa tecnica è adatta a chi non ha particolari problemi fisici o psicologici, è la tecnica di meditazione più rilassante, facile e profonda da poter praticare ad ogni ora e in ogni luogo, anche al risveglio, nelle pause del lavoro o sul letto prima di dormire. Info stage: associazionecompagniadelcerchio@gmail.com e ale.v.donati@gmail.com.

 

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Passeggiate sonore al Goldoni con Yoursoundscape

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di Cecilia Milazzo

Per tutto il mese di marzo il Teatro Goldoni ospiterà per la prima volta la prestigiosa rassegna culturale, di respiro internazionale, sul paesaggio sonoro Yoursoundscape. Un evento organizzato da Luigi Agostini, responsabile di GAIA (Goldoni Area Innovazione Artistica, la nuova iniziativa per l’innovazione tecnologica e artistica della Fondazione Goldoni) in collaborazione con FKL Italia, ossia il Forum Klanglandschaft, forum mondiale sul paesaggio sonoro. Paesaggio sonoro è infatti la traduzione del neologismo inglese Soundscape (sound = suono e landscape = paesaggio) che indica tutti i suoni delle forze della natura, degli animali e degli uomini che vanno a comporre l’ambiente acustico naturale.
Yoursoundscape è progetto artistico e didattico allo stesso tempo, poiché una raccolta delle migliori opere della musica classica contemporanea verrà messa a disposizione degli studenti delle scuole livornesi (dalle elementari alle superiori). Gli studenti, accompagnati dai loro insegnanti, seguiranno un percorso che permetterà loro di riscoprire l’importanza degli stimoli uditivi ambientali e di rendersi conto delle implicazioni negative dell’inquinamento acustico che ci circonda. Ed è proprio al concetto di inquinamento acustico che si è ricollegato Francesco Belais, assessore alla cultura del comune di Livorno. “Siamo spesso distratti dal caos - ha affermato Belais - da questi rumori che poi si traducono nell’inquinamento acustico che, non solo non siamo più in grado di ascoltare quelli che sono i suoni veri del mondo, ma a volte abbiamo anche difficoltà ad ascoltare noi stessi. Quindi credo che questo percorso sia molto evocativo, intimistico: è un viaggio attraverso quello che ci vuole dire l’ambiente che ci circonda. Sono molto contento che questa educazione all’ascolto, che si tradurrà in questi percorsi che sono stati studiati con gli studenti e con le scuole, sia veramente un’educazione all’ascolto anche di noi stessi e un’occasione per ascoltare ciò che l’ambiente ci vuole dire”.
La città di Livorno ospiterà per la prima volta il progetto Yoursoundscape anche se tale progetto è nato più di quarant’anni fa, come ha sottolineato Luigi Agostini. Agostini ha infatti spiegato che “il progetto è nato negli anni ’70 dal gruppo di ricerca del compositore canadese Raymond Murray Schafer che si è messo a trovare e rivalutare quelli che lui ha ribattezzato i ‘soundmarks’ (impronte sonore), cioè i suoni tipici di una comunità, di una cultura e le varie toniche (definite ‘keynote sounds’) che caratterizzano l’ambiente in cui viviamo. Un esempio possono essere le campane: le persone che vivono in paesaggi rurali distinguono i suoni delle campane di un paese o di un altro; ciò perché un suono viene modulato dalla conformazione architettonica del paese (le montagne, i boschi, ecc.) e si viene quindi a creare una tonica, un suono particolare che permea l’esperienza di vita delle persone che abitano quel luogo. Ci sono suoni di strumenti o di ambienti che sono andati perduti e questo ha riportato in voga una forma di soundscape composition che tende a fare un’archeologia del paesaggio sonoro.
Uno degli esponenti di questa composizione musicale elettroacustica è il livornese Francesco Landucci, appassionato di musica etrusca e medievale che ricostruisce gli strumenti, procurandosi materiali originali, e registra poi tali strumenti da lui suonati negli ambienti originali. "Quello che vogliamo fare a Livorno – ha continuato Agostini – è cercare di sensibilizzare le nuove generazioni all’ascolto del mondo che li circonda, anche perché imparare ad ascoltare il mondo può servire anche per imparare ad ascoltare noi stessi. Il paesaggio sonoro è un tema trasversale che attraversa ambiti diversi, come l’arte, l’inquinamento, l’ecologia, ed è capace di rivalutare l’importanza del senso dell’udito e quindi anche della persona stessa”.
Il progetto Yoursoundscape è un progetto fortemente innovativo poiché ‘obbliga’ i suoi fruitori, costantemente immersi in un mondo veloce, caotico, fulmineo, a fermarsi e soffermarsi ad ascoltare, riscoprendo così la capacità di porre la propria attenzione, uditiva, su un insieme di suoni e segnali acustici quasi dimenticati.
Come detto, tale progetto non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di FKL Italia, il cui direttore Francesco Michi ha sottolineato che “FKL è un’associazione multinazionale nata nel ’98, che ha iniziato fin da subito a fare congressi internazionali nei quali si cerca di concentrare diverse discipline per la riflessione sul paesaggio sonoro. La parte degli ascolti che viene gestita qui al Goldoni è frutto del lavoro fatto nel congresso di FKL nel 2011, a Firenze”.
Dell’importanza che Yoursoundscape ha per le persone ne ha parlato Massimo Liverani, componente di FKL, al quale Michi ha passato la parola. “FKL è un’associazione che è da molto tempo sul ‘territorio’ - ha tenuto a precisare Liverani – e mi piace usare questo termine perché a noi piace essere sul territorio, coinvolgere le persone. Uno dei modi per fare questo è proprio la passeggiata sonora (soundwalk) che anni fa è stata codificata e sviluppata da Hildegard Westerkamp, compositrice canadese di origine tedesca. La passeggiata sonora, o passeggiata d’ascolto, consiste nel fare un percorso in cui cercare di ascoltare di più di quello che normalmente si farebbe. C’è molto da scoprire in quello che si ascolta, quasi di più che in ciò che si vede”.
Ma come si realizzerà, praticamente, il progetto Yoursoundscape a Livorno? A questa domanda risponde Luigi Agostini. “Yoursoundscape è una rassegna di stampo internazionale più che altro nei contenuti, poiché proporremo lavori di artisti australiani, messicani, francesi, italiani. Cercheremo di coinvolgere i ragazzi nell’ascolto di una forma artistica originale: quando non c’è più il confronto tra l’artista e il suo pubblico si sfora infatti nel design acustico e le persone devono vivere il paesaggio sonoro dall’interno e, in un certo senso, anche subirlo o modificarlo. Anche se non ce ne rendiamo conto noi ascoltiamo sempre in tre dimensioni: ascoltiamo e nel frattempo vediamo l’ambiente che ci circonda. Quando si ripropone una registrazione in stereo si fa una codifica di quello che era il paesaggio originale, che viene riportato su due diffusori, dobbiamo avere una posizione ben precisa nello spazio per usufruire di questa codifica e tutto ciò è una cosa diversa dal paesaggio originale. Con la riproduzione tridimensionale non si riesce a riprodurre il paesaggio com’era originariamente, ma cerchiamo di riprodurre anche le riflessioni che arrivano dalle pareti, dal soffitto, dando la sensazione di immersione. L’idea – continua Agostini – è di sollecitare all’ascolto i ragazzi portandoli in un ambiente tipico e familiare, come il mercato centrale e da lì portarli, attraverso un percorso di conoscenza e di acquisizione di familiarità, fino al foyer del Goldoni dove ci saranno appunto questi soundscape, con la speranza di dargli un’emozione estetica valida. Dunque dal 1° marzo 2017 ogni lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10 alle 12, ci saranno questi incontri con le scuole che consisteranno appunto nella passeggiata sonora (soundwalk) che si conclude con la sessione di ascolto. L’ingresso è libero e gratuito per tutti”.

Alla fine della conferenza stampa, abbiamo avuto modo di parlare con Lino Riccobono, il quale ha gentilmente spiegato come sono riusciti a creare praticamente il soundscape nel foyer del Goldoni. “Abbiamo realizzato un impianto di spazializzazione, per cui stiamo usando parti della porta del foyer come altoparlanti che riproducono la musica. L’esperienza è quindi di tipo immersivo, perché ci si trova immersi in suoni che provengono dalle tre dimensioni, com’è in natura. Così, il contenuto artistico diventa evocativo. Il nostro lavoro come GAIA è quello di agevolare l’utilizzo di nuove tecnologie all’interno della tradizione in cui il Goldoni occupa un posto importante”.
Prepariamoci, quindi, ad ascoltare grazie al progetto Yoursoundscape.

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Alla scoperta dei teatri S. Marco, Rossini, Politeama

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Tre splendidi teatri livornesi dell’800, il San Marco, il Rossini ed il Politeama, oggi scomparsi ma rimasti nella memoria storica cittadina, rivivranno nella puntuale e divulgativa ricostruzione in programma mercoledì 1 marzo, alle ore 16, nella Sala Mascagni del Teatro Goldoni. L’appuntamento, per il ciclo di conferenze “Livorno, Città di Teatri”, sarà condotto dal musicologo Fulvio Venturi, presidente del Circolo Masini, e permetterà al pubblico (ingresso libero fino esaurimento posti) di conoscere aspetti interessanti della loro ricca frequentazione artistica e delle vicende storiche di cui furono testimoni. Non mancheranno aspetti curiosi, come “i due records difficilmente superabili al giorno d’oggi nella nostra città – anticipa Venturi accennando al Politeama – quello del numero di rappresentazioni per una moderna produzione operistica (31, ottenuto da La Bohème nell’estate 1898) e quello degli spettatori paganti per una sola serata (2448, ottenuto in data 10 agosto 1920, per la prima rappresentazione a Livorno di Sì, l’unica operetta di Pietro Mascagni).
Mentre il San Marco ed il Rossini conobbero gli effetti disastrosi dei bombardamenti alleati del 1943 ed il loro recupero fu accantonato dopo la fine della guerra, il Politeama scampò indenne a questi, ma, nonostante il suo palcoscenico inaugurato il 24 giugno 1878 fosse stato testimone d’una tranche vastissima della vita teatrale livornese e calcato da artisti quali Eleonora Duse, Enrico Caruso e Beniamino Gigli, fu abbattuto tra la fine degli anni ’60 e l’inizio del decennio successivo. Il magnifico teatro Carlo Lodovico posto in San Marco, fu inaugurato durante l’effimera esistenza del Regno d’Etruria nell’aprile 1806 e dedicata al Re bambino Carlo Lodovico di Borbone, ma da sempre nel gergo cittadino fu denominato semplicemente “San Marco”. La serata d’inaugurazione, tenutasi con la rappresentazione dell’opera “I baccanali di Roma” musicata da Stefano Pavesi, seguì un rigido cerimoniale al quale parteciparono lo stesso Carlo Lodovico, la madre Maria Luisa di Borbone e numerosi esponenti della politica europea. Il teatro San Marco nacque sotto il segno dell’arte poiché l’intero edificio era impreziosito da una serie di dipinti di Luigi Ademollo che raffiguravano episodi storici e mitologici. Partendo da questo spunto, nella sua conversazione Fulvio Venturi metterà in relazione gli eventi artistici che si svolsero all’interno del bel teatro livornese con elementi pittorici del periodo neoclassico e romantico. Il Teatro Rossini fu invece inaugurato nell’ottobre 1842 con uno sfarzoso ballo accademico cui seguì la rappresentazione dell’opera “Mosè” di Gioachino Rossini. Sul palcoscenico di questo teatro l’attività fu serratissima sino alla fine dell’Ottocento e qui si misurarono anche le più importanti compagnie di prosa nazionali ed internazionali. Sotto questo profilo una lunga stagione con Adelaide Ristori (1864), la “prima assoluta del Sogno d’un tramonto d’autunno dannunziano (2 dicembre 1905, Compagnia Fumagalli, Teresa Franchini nei panni della Gradeniga), ed il passaggio della bellissima Georgette Leblanc che recitò nel Pélleas et Melisande di Mæterlinck (1914) sono rimasti nella memoria storica livornese.

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Al Goldoni un corso sulla fotografia di scena

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Scoprire i segreti della fotografia di scena in modo dinamico, coinvolgente, alternando gli aspetti teorici a quelli pratici, seguiti passo dopo passo da un autentico maestro del settore quale Paolo Bonciani. E' quanto si propone il nuovo corso di 50 ore in programma al Teatro Goldoni da marzo a maggio, attraverso due appuntamenti settimanali (martedì e giovedì) con orario 21-23.
Particolarità del percorso, la possibilità di effettuare riprese durante i vari laboratori teatrali gestiti dal Goldoni che concederà anche l’opportunità di poter effettuare scatti sul set (in particolare durante le varie prove) di vari spettacoli, oltre a mettere a disposizione modelle/i per le riprese di ritratto. I primi momenti saranno dedicati alla conoscenza ed alle potenzialità degli allievi, verranno monitorate le loro capacità tecniche, le loro ispirazioni, la loro attrezzatura e verranno ritracciate le basi della fotografia analogica, in breve, e soprattutto digitale. Per l’attrezzatura, rivolta a questa branca della fotografia, si consiglia l’uso di una reflex digitale, con obiettivi o zoom che coprano la lunghezza focale da 80 a 200 mm, ma per iniziare può esser sufficiente anche un’ottica intorno a 100 mm.
Per rendere più dinamico il corso alle lezioni teoriche si alterneranno le esercitazioni pratiche in esterni e nell’ambito delle strutture del teatro. In particolare le prime lezioni verteranno sullo sviluppo delle conoscenze delle riprese di ritratto in modo da consentire agli allievi, al termine del corso, di essere in grado di realizzare, dopo le opportune sperimentazioni, un book fotografico. Verranno dettate tutte le migliori tecniche di ripresa, con luce diffusa come in controluce essendo, la foto di ritratto, uno dei cavalli di battaglia di questo settore. Le lezioni proseguiranno nel loro sviluppo attraverso la conoscenza dell’importanza del taglio e dell’inquadratura, rivolta in particolare, alla foto di scena. Le foto realizzate dagli allievi verranno, di volta in volta, esaminate con cura, consentendo a tutti i partecipanti di poter correggere gli errori commessi durante le riprese, migliorando cosi opportunamente la propria capacità tecnica ed interpretativa.

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Goldoni, oggi guida all’ascolto di Manon Lescaut

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Conoscere Manon Lescaut, l’opera giovanile di Giacomo Puccini in cui si rivelò nella sua compiutezza il genio del grande compositore lucchese: in occasione della nuova produzione curata dal Teatro Goldoni con il Teatro Verdi di Pisa ed il Sociale di Rovigo ed attesa per venerdì 10 marzo (ore 20.30) ed in replica domenica 12 marzo (ore 16.30), il Goldoni invita il pubblico ad intervenire al nuovo appuntamento di “Guida all'ascolto” in programma lunedì 6 marzo, alle ore 17 in Sala Mascagni.
Nel corso dell’iniziativa (ingresso libero), il maestro Daniele Salvini evidenzierà la grande forza musicale e teatrale di quest’opera, che fino dal suo primo apparire (Teatro Regio di Torino, 1893) gode di un successo ed un favore mai venuto meno, grazie anche alle raffinate melodie di cui è pervasa tutta la partitura. Una partitura di grande impegno esecutivo che – come esporrà il direttore artistico Alberto Paloscia – vedrà il debutto sul podio del Goldoni di Alberto Veronesi, il direttore d’orchestra affermato a livello internazionale, legato da molti decenni alla causa del compositore lucchese nonché attuale presidente del Festival Puccini di Torre del Lago. Nella seconda recita al Goldoni, Veronesi lascerà il podio ad una delle più promettenti rappresentanti della direzione d'orchestra 'al femminile', la lucchese Beatrice Venezi, giovane musicista in ascesa e “pucciniana” di stretta osservanza. Al loro fianco il giovane e affermato regista romano Lev Pugliese, reduce dal successo della riapertura dello storico New York City Opera con un'acclamata produzione di Tosca. Di grande interesse si preannuncia il cast per entrambe le rappresentazioni, che annovera acclamate interpreti pucciniane ed affermati specialisti nei ruoli principali dell’opera, come sarà evidenziato nel corso della guida all’ascolto.

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